LA NOSTRA “MARATONA DI LONDRA” – GIORNO III

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Oggi a Londra fa un caldo surreale per essere alla fine di Marzo. Proprio quello che ci serviva per i nostri piani! Ci aspetta un programma molto intenso, a cui allude scherzosamente il titolo dell’articolo, che in realtà, lo dico subito, con la vera maratona di Londra non ha niente a che fare.

In mattinata andiamo alla Tower of London, vecchio palazzo reale fondato nel 1066 che ha visto tutti i truculenti intrighi di corte per i quali gli inglesi (e non solo loro) sembrano andare pazzi. A differenza di quanto il nome potrebbe far pensare, non si tratta semplicemente di una torre, ma di un vastissimo complesso di edifici, soprattutto torri, appunto.

Il prezzo, diciamo, controbilancia l’ingresso gratuito ai musei, ma il percorso di visita è ampio, variegato, molto interattivo e ben studiato, tanto per gli adulti quanto per i bambini.

Tra armi e armature d’epoca, elaborate testimonianze storiche, gialli irrisolti da secoli, aneddoti curiosi di ogni genere e i favolosi gioielli della corona, praticamente chiunque trova di che appassionarsi.

Nel più verace stile inglese, temi come la guerra, la prigione e le sanguinarie lotte per il trono sono trattate con uno squisito humour nero, sia nei testi lungo il percorso, sia nelle visite guidate dai custodi del luogo.

Tuttavia, abbondano anche punte inarrivabili di comicità involontaria. Quando si tratta di regalità e cerimoniosità, gli inglesi non si fanno mettere i piedi in testa da nessuno, e i turisti sembrano apprezzare molto. Accade così che si renda necessario, per evitare ostruzioni nello scorrere dei visitatori, esporre i pezzi migliori del tesoro della corona lungo tapis roulant che impediscono di fermarsi davanti ad essi; che alla fine del percorso incentrato appunto sui gioielli della corona ci sia una teca dedicata a esporre le loro custodie, come se fossero anch’esse degne di nota; che una vecchia superstizione venga presa tanto sul serio da spingere i guardiani della Tower ad allevare amorevolmente dei corvi come se fossero animali preziosi; che per assistere alla cerimonia della quotidiana chiusura delle porte dell’edificio sia ancora necessario prenotare i biglietti esclusivamente tramite posta tradizionale. Completa l’assortimento di risate l’inconsapevole “sfilata di moda” dei turisti giapponesi e americani, che da buoni italiani saccenti ci godiamo sgranocchiando una mela su una panchina davanti alla piccola chiesa.

Verso la fine del percorso camminiamo sulle spesse mura dal lato che affaccia sul Tamigi. L’imponente Tower Bridge, che forse insieme al Big Ben è il simbolo più conosciuto di Londra, si staglia vicinissimo davanti a noi in una luce densa come acqua. E’ circa l’una, il sole è abbagliante tra le prime foglie verdi e il fiume sfavilla più del famoso diamante Koh-i-noor che abbiamo appena visto.

Più per il gusto di percorrerlo che per arrivare dall’altra parte, attraversiamo il ponte passando sotto i suoi quattro pilastri gotici.

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Affamati dopo la lunga visita, entriamo in uno dei primi posticini che troviamo, un grazioso bar in stile nautico dove nonostante l’ora troviamo una coppia di artisti che suona e canta dal vivo. Ci ricarichiamo di energie con un piatto appositamente pensato per essere condiviso in due, un’idea davvero molto carina che ritroviamo nella maggior parte dei pub e dei posti dove andiamo.

Ci aspettano ancora tantissime cose per oggi. Ci spostiamo in metropolitana verso l’immenso Hyde Park, al centro delle zone più signorili della città. Il parco è così vasto che, una volta entrati, quasi non si vedono più edifici intorno. In questa primavera perfetta, è tutto uno sproloquio di narcisi gialli da far girare la testa.

Il viale principale è costeggiato da un’ordinata striscia di terra morbida che, come capiamo solo più tardi, è destinata alle passeggiate a cavallo. Aiuole di fiori curatissime dai colori splendidi si alternano a zone piacevolmente più selvagge. Un po’ ovunque gli scoiattoli fanno a gara coi piccioni ad attirare l’attenzione (e i bocconcini) delle persone, tutt’altro che spaventati. Il lago al centro del parco brulica di barchette e pedalò. Nei prati più grandi e pianeggianti è possibile noleggiare a tempo delle sdraio, peraltro a prezzi che farebbero impallidire un albergatore di Rimini.

Sugli ampi viali scorre una vera e propria folla, una foresta di piedi che si muovono a velocità diverse a seconda che indossino scarpe da corsa o pattini, che premano pedali di biciclette o skateboard, che vadano al seguito di un passeggino o di un grosso cane insofferente al guinzaglio.

Attraversiamo a piedi tutto il parco da parte a parte, fino ad arrivare all’elegante zona di Kensigton, poi alla vivace ed eclettica Portobello Road. Sì, quella di “Pomi d’ottone e manici di scopa”.

In un susseguirsi di facciate dipinte a colori vivaci, si alternano negozi e bancarelle di antiquariato, di artigianato etnico, di vintage musicale e di souvenir.

Purtroppo, essendo già tardo pomeriggio, la maggior parte dei commercianti sta chiudendo. Ne approfittiamo per riposarci un po’ in un locale della catena “Caffè Nero”, disseminata ovunque per la città, e constatare che effettivamente servono un vero caffè espresso. Resta da vedere se il merito di questo vada davvero alla catena o piuttosto alla simpatica ragazza italiana che ce l’ha preparato.

Stufi del prezzo esorbitante della metropolitana e desiderosi di vedere nuove zone della città, decidiamo di prendere l’autobus per raggiungere l’ultima tappa della giornata: il quartiere di Camden Town.

Famosa nei decenni scorsi come cuore alternativo e punk della città, anche questa zona si è inevitabilmente un po’ “commercializzata”, ma conserva il suo spirito giovane, originale e aperto. L’attrattiva principale è il mercato, e purtroppo lo troviamo ormai del tutto chiuso già nella prima serata.

Nonostante questo riusciamo comunque ad apprezzare l’atmosfera magica che non lascia mai questo posto. I vicoli sono stipati di chioschi dalle imposte dipinte a motivi etnici, negozietti curiosi e locali dove si fuma il narghilé. Questo posto ricorda un po’ Montmartre e il Gran bazar di Istanbul, ma non è solo questo a darmi la sensazione di essere già stata qui, magari in sogno.

L’aria è carica di luci colorate e profumi di cibi di tutto il mondo: ovunque ci giriamo si vendono all’aperto piatti cinesi, indiani, brasiliani, greci. In un vicolo cieco dall’aspetto allo stesso tempo trasandato e accogliente, si mangia seduti in sella a vecchi motorini tagliati a metà e addossati ad una lunga asse di legno che fa da tavolo.

Nonostante l’offerta allettante, fa ancora troppo freddo per i nostri gusti per cenare fuori, e con l’aiuto della nostra guida Lonely Planet troviamo il graziosissimo ristorante spagnolo Gansa.

E’ la nostra ultima sera a Londra e abbiamo deciso di festeggiare il nostro anniversario con un giorno di anticipo. Davanti a un’ottima paella allietata da un’esibizione di flamenco, ci rendiamo conto che un cerchio si chiude, ricordandoci che il nostro primo viaggio insieme è stato a Barcellona.

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